Addio a Federico Bisceglia, il ragazzo che amava la Verità

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Il Dott. Antonio Marfella, Caivano, accanto all’Ulivo dei Giusti

Era un ragazzo diretto, Federico Bisceglia. Un magistrato competente, un professionista coraggioso e un oratore in gamba, ma era sempre e solo un ragazzo.

E’ morto in una notte di fine febbraio, in un tragico e poco chiaro incidente stradale, mentre viaggiava nella sua Calabria. In Campania esercitava la sua professione e per la Terra dei Fuochi, tra le altre indagini, si batteva.

“La verità si difende da sola”, ha detto ieri Padre Maurizio Patriciello durante la messa celebrata per ricordarlo. Non sempre, purtroppo. La verità ha, invece, bisogno di uomini come il giudice Bisceglia per essere snidata e compresa, ha necessità costante di uomini che ne avvertano la sete e che non abbiano paura di guardarla in faccia.

A Caivano, nella Chiesa di S. Paolo Apostolo, al Parco Verde, dove si consumano storie di ordinario degrado, c’erano tutti quelli che qui, tra Fuochi e Veleni, lo avevano conosciuto e amato: comitati territoriali, mamme guerriere, medici impegnati, privati cittadini. Si sono uniti ad un sacerdote eccezionale nel dirgli addio e nel ringraziarlo per essere stato un esempio di straordinaria passione nel compiere, semplicemente, il proprio dovere.

Ed è questo che stupisce, oggi, di uomini come Federico Bisceglia: la determinazione e l’amore nel fare “solo” il proprio lavoro. Tutti i giorni, contro tutti. In una realtà che premia l’ipocrisia e mitizza l’arrivismo, la morte di un ragazzo con gli occhiali, dal forte accento del sud, che stigmatizza con forza le devianze e la pochezza delle istituzioni, non solo fa notizia, ma sgomenta. Non per i dubbi e le domande che suscitano le circostanze in cui si è verificata, ma per la desolazione e il vuoto che lascia in chi a questa terra è legato e da questa terra si sente, in qualche modo, tradito.

Ci difendeva, Federico, a spada tratta. Si schierava con i giusti e davanti al Tempio si indignava con forza: i bambini non si toccano.

In chiesa, tra telecamere e macchine fotografiche, fra tante persone commosse e le parole dolcissime di un prete traboccante amore per la sua terra e per la sua gente, due ulivi: per Federico e per Fortuna, morta tragicamente a sei anni in una squallida storia di violenza al Parco verde e per la quale il giudice Bisceglia pretendeva giustizia. In un vaso la Campania, nell’altro la Calabria.

I combattenti della Terra dei Fuochi hanno silenziosamente depositato un pugno di queste terre martoriate sulle radici degli alberelli, giovanissimi, come le vittime che queste stesse terre hanno mietuto, mentre un lungo applauso partiva dalle navate quale ultimo saluto a chi, ora, la Verità la contempla da vicino.

“Restiamo uniti” sono le parole conclusive di un’omelia che è stata una carezza. Un appello ai gruppi e ai comitati che ora, dopo anni di guerriglia pacifica con le istituzioni, si sentono stanchi e affaticati dalla mancanza oggettiva di risultati apprezzabili. La politica ci ignora e ignora le proprie responsabilità. Con le Regionali alle porte, le vittime da inquinamento ambientale non esistono o sono solo argomento da palco elettorale.

La morte di un magistrato, che di queste vittime perorava la difficilissima causa, è tanto più assurda da accettare quanto più si comprende che i tempi della giustizia terrena saranno straordinariamente lunghi. La morte di un ragazzo pulito, che faceva solo il proprio lavoro e lo faceva bene, è tanto più drammatica quanto più paragonata al deserto morale che c’è.

Ma la morte di Federico Bisceglia è anche un fiore, anzi, una piantina di ulivo. Affonderà le sue forti radici in questa terra svilita e la renderà fertile. Perché certe vite e certi uomini hanno il potere di essere nutrimento per la loro epoca e perché il seme della giustizia, una volta gettato, non può che portare molto frutto e tanta, tantissima, speranza.

Miriam Corongiu

 

4 commenti

  • un articolo di spiccata professionalità e arte. Una rarissima narrazione di verità commoventi scevro da polemica e argomentazioni politiche, che racconta, l’altrettanto rarissimo e divino matrimonio tra buon carattere e vita corretta scelto, senza consapevolezza o mitismo, da un bravo ragazzo di Calabria divenuto magistrato. Certamente un gran lavoratore certamente un difensore delle piaghe di una terra non sua a cui ha donato, oltre che la propria vita, il proprio coraggio e la determinazione caratteri tipici della sua terra. Pregi rari che si riconoscono solo a un ragazzo che ha scelto di diventare, in mezzo al deserto della moralità e del coraggio, un vero uomo. Cresciuto nella sua terra e amante della sua terra, amante della famiglia e dei bambini, tutti. Morto per proteggere tutto questo.

    • Cara Laura,
      ti ringrazio moltissimo per ciò che hai scritto (e pensato) del mio articolo.
      Soprattutto, però, ho apprezzato le parole che hai speso per il giudice Bisceglia, perchè ritengo le meritasse tutte.
      Io ne rimasi molto affascinata quando lo sentii intervenire ad un convegno sulla Terra dei Fuochi ed è stato un colpo sapere della sua morte: aldilà delle considerazioni sulle circostanze in cui è avvenuta, credo non abbia importanza (entro certi termini, ovviamente: le indagini faranno il loro corso) che sia stato un incidente oppure no. Non c’è più un ragazzo molto in gamba e molto coraggioso ed è una perdita per tutti noi.
      Grazie ancora per esserti fermata un attimo qui con me.

  • Grazie, hai trasmesso quella commozione, quella percezione di vuoto e di desolazione che mi lascia la morte di Bisceglia.
    Non so se il suo sangue renderà fertile la terra; vorrei crederci, ma ho settant’anni e sono stanca di aspettare i germogli di una verità che pare impossibile raggiungere.
    Troppe morti, troppi eroi per un paese che non si sveglia-
    Permettimi di esprimere comunque il mio apprezzamento per il tuo stile, professionale e sincero.

    • Eh, Laura, questi sono germogli che aspettano una primavera lontana per sbocciare, mi sa.
      Ciò che sottende ogni lotta per l’affermazione dei diritti di base, come quello della tutela dell’ambiente, è sempre un cambiamento culturale: e i cambiamenti culturali, per prendere forma, richiedono moltissimo tempo, perchè radicali.
      Però, vedi, tu sei qui, come l’altra Laura, a parlare con me di un magistrato che per questo cambiamento lavorava. E ci siamo commosse per la sua morte. Non è un germoglio anche questo? Prima o poi fioriranno, la primavera li sveglierà. E’ il destino di tutti i germogli e non vi si sfugge. Io sono fiduciosa.
      Grazie mille, sei stata molto cara nel volermi esprimere il tuo apprezzamento.

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