NO TAV: UN’ESPERIENZA DI AUTONOMIA RADICALE
“Da circa un mese, in Val di Susa, è nata e vive la Libera Repubblica della Maddalena. Molto più di un presidio allestito per impedire la realizzazione del cantiere per il cunicolo esplorativo funzionale al TAV Torino-Lione. Un territorio liberato, che non figura su alcuna mappa del consentito. Un territorio in cui polizia e carabinieri non entrano. In cui si condividono cibo, discussioni, musica e la costruzione delle barricate. Uno spazio sottratto alla sovranità dello Stato. Uno spazio in cui si vive meglio che nelle cellette metropolitane, nella reclusione domestica davanti al televisore, nelle strade vuote di incontri e brulicanti di merce. Il Progresso lo abbiamo già assaggiato, e non c’è piaciuto. La lotta contro il TAV è, di fatto, lotta contro tutta la classe dominante che lo vuole, lo difende, lo impone. Sta diventato la lotta della condivisione contro lo Stato. Invitiamo gli amanti della libertà a venire. Contro il TAV. Per difendere un territorio liberato, a rischio di sgombero da domenica 26 giugno. Il tempo è adesso”
Così si legge su “Informa-Azione”, un sito web che colletta le lotte contro la repressione, il 24 giugno del 2011, ore 2.01 del mattino. Due giorni dopo, a Chiomonte, sui monti della Maddalena, si scatena l’inferno: circa 2500 agenti di polizia penetrano le barricate civili e caricano i valsusini che da settimane presidiavano pacificamente la collina, lanciando anche ad altezza d’uomo migliaia di lacrimogeni al CS, un gas altamente tossico proibito in guerra, ma non nella guerriglia urbana. Picchiano duramente i civili, distruggono qualunque cosa capiti loro a tiro, sfasciano la stazione mobile di Radio Black Out che continuava a trasmettere anche sotto i lacrimogeni e, alla fine, dopo una giornata di scontri sanguinosi, conquistano l’area. La piazzetta dove c’era il museo archeologico della Maddalena ora “temporaneamente” chiuso (così si legge sul sito web), diventa una roccaforte militare dove ancora oggi sostano le camionette della polizia e si aggira torva la Digos. Dai militari, però, e non dai “repubblicani,” viene insozzata e deturpata. L’accesso alla zona, un tempo testimonianza millenaria di quel valico così importante per le Alpi Occidentali, dove hanno transitato tutti gli invasori e forse Annibale stesso, è ora severamente sorvegliato dall’Esercito Italiano: a Chiomonte il cantiere del TAV è ritenuto strategicamente rilevante. E così, perquisizioni, stretti controlli e niente riprese. Chi siede nel casotto all’entrata ha il potere di lasciare che i visitatori non vengano autorizzati all’ingresso per ore intere, fino a che non si faccia troppo tardi per entrare. A ben guardare, non servono giri di parole per definire ciò che è oggi la Maddalena: le zone in cui si sospende brutalmente il civile diritto a manifestare il dissenso, si cancellano le tracce della storia e si impedisce il libero passaggio, quelle sono zone di guerra.
Spiegare la ferocia con la quale lo Stato italiano ha sgomberato la Maddalena (e in generale trattato negli anni la Val di Susa) soltanto con la ferrea volontà dei vari esecutivi di portare a termine una “grande opera”, è una riflessione poco penetrante e insufficiente per chi non si accontenta dell’informazione massificata. L’esperienza tutta dei NO TAV, peraltro, e più in particolare della “Libera Repubblica”, va molto oltre l’affermazione del diritto di ogni popolo ad autodeterminarsi, così come sancito dalla stessa Unione Europea. Si è sviluppata negli anni come una progressiva sottrazione di sovranità allo Stato e una lenta, ma inesorabile, costruzione di autonomia radicale.
La Valle, che si identifica potentemente con le montagne intorno e che guarda a se stessa come partigiana, ha cominciato a pensare con la sua testa – quindi ad opporsi – ancor prima che il TAV fosse un progetto sulla carta. Un Hydra, quella valsusina, così fiera delle proprie differenze interne, che nessuna autorità costituita poteva tollerarne l’esistenza. Se è vero che cittadini si diventa e lo si diventa in primo luogo conoscendo la città, i luoghi interiori ed ulteriori del proprio vivere, i NO TAV hanno già percorso lunga parte del viaggio. Anzi, sosterrebbe forse Cornelius Castoriadis, sono già giunti alla meta se riconosciamo loro la profonda consapevolezza della loro stessa autonomia e l’innegabile, fortissimo, desiderio di essere senza catene.
Già nel 2005 a Venaus, altro cantiere del TAV e teatro di scontri terribili, i valsusini avevano esperito l’ebbrezza dell’indipendenza totale. Per cinque giorni la Libera Repubblica di Venaus, elaboratore completamente disconnesso dal server centrale, aveva vissuto la grande bellezza dell’essere solo se stessa. E’ alla Maddalena, però, che la forma diventa sostanza e la libertà un fatto. Furono “Ventitrè giorni”, ricorda Alberto Perino leader storico dei NO TAV ai microfoni di Radio Siani, “in cui il denaro non esisteva più, dove eravamo tutti uguali, si faceva da mangiare a qualunque ora e si faceva cultura alta, ma distribuita a tutti, dove professori universitari tenevano lezione, mentre un po’ più in là i ragazzi distillavano la grappa e grandi artisti si esibivano in semplicità. Un mondo altro, sconvolgente, che doveva essere distrutto”.
Era la lotta, rileggiamo nel comunicato di Informa-Azione, della “condivisione contro lo Stato”. Una fuoriuscita dall’economia che recuperava il vero, delicatissimo, collante di ogni comunità: la gioia del Poco, l’esaltazione del Tempo e non del Denaro, l’essere progenie bastarda del Grande e del Piccolo uniti nell’amplesso degli intenti comuni. Una rivoluzione reale si liberava dal bozzolo di mille teorie e prendeva corpo da un NO ad un treno veloce, per diventare la culla di un vivere lento, felice, pago di sé, in cui le differenze culturali, regionali, razziali, l’accentuare le quali è strategia storica del potere, si tramutavano in pericolose opportunità di coalizione sediziosa. Una mina che lo Stato aveva la necessità di far brillare il prima possibile.
Dopo ventitrè gloriosi giorni, cadde perciò nella violenza la Maddalena, nostalgicamente ricordata oggi nelle tessere di affiliazione stampate per tutti con lo stesso numero progressivo e codificata nei registri comunali della Val di Susa pieni di bimbe a cui il nome “Maddalena” è stato dato. E cadde con la Libera Repubblica un pezzo di realtà che i governi italiani hanno voluto mortificare nel tempo con provvedimenti via via più autoritari. La repressione giudiziaria a cui sono soggetti i NO TAV, con oltre mille processi indetti a vario titolo contro liberi cittadini liberamente pensanti, colpevoli soltanto d’amare la loro Valle, sono una delle misure che vengono adottate a livello nazionale per soffocare le spinte identitarie di un popolo che vuole fermamente respirare. Tra le “Disposizioni urgenti per la tutela della sicurezza delle città” della legge Minniti e un addestramento sempre più da corpi speciali per le ordinarie forze di polizia, giustificati entrambi dal Terrore e dalle ondate migratorie, la direzione imboccata dall’Italia (e dall’Europa) è chiara.
Debito pubblico e privatizzazioni, tasse astronomiche per le imprese e delocalizzazione del lavoro, trattati internazionali vantaggiosi per i ricchi di sempre e sempre più dilagante povertà, migrazioni di massa e disastri ambientali, obesità bianca e fame nera, solitudini drammatiche in un universo sovrappopolato, campagne abbandonate tra montagne di cemento, il mondo “social” e l’assenza di pietà: è questo il contesto in cui le grandi opere prendono forma ed è questo l’orizzonte contro cui si staglia la Libera Repubblica della Maddalena, un’esperienza di autonomia radicale che si è generata proprio dove è nato lo Stato Italiano e c’è più Stato che altrove.
Ma come la storia insegna che più forti sono le spinte centripete, più forti saranno le reazioni delle periferie e come è vero che i piccoli centri, dove sono più semplici le prove tecniche di comunità, producono in maniera naturale gli anticorpi al sistema che crea sperequazioni sociali a livello planetario, così i NO TAV renderanno immortale la testa centrale del Hydra che idealmente li rappresenta. In un mondo segnato dall’omologazione che mai vuol dire uguaglianza, la loro idea colorata e gioiosa – mai violenta – dell’accoglienza e del vivere in armonia prenderà per sempre corpo nelle mille, composite, anime della Val di Susa e la Libera Repubblica della Maddalena vivrà per sempre nel modus operandi del Movimento e delle lotte ambientaliste di questa nazione: “uno sguardo all’immediato e uno all’infinito”.
Avanti NO TAV, il tempo è adesso.
Miriam Corongiu
Articolo pubblicato su Decrescita Felice Social Network